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Romanzo autobiografico: definizione
Il romanzo autobiografico ha sempre bisogno di essere definito, nei suoi confini e nelle sue caratteristiche. Nel mondo letterario, o meglio nel pensiero degli intenditori di letteratura, l’autobiografia è sempre stata guardata con sospetto, spesso valutata ed etichettata come genere inferiore.
Perché?
Che cosa differenzia davvero un’ autobiografia da un romanzo e perché poche volte le vere autobiografie vengono pubblicate?
Il mio punto d’osservazione è duplice. Affronto la questione come editor e quindi applico i parametri con cui si valuta un romanzo ma anche come cultrice di autobiografia che ha coscienza di un mondo – e del suo valore – che emerge solo e soltanto dalla scrittura autobiografica.
Devo dire che qualche ragione i letterati ce l’hanno. L’autobiografia, quella autentica, è un genere narrato dal protagonista (a meno che non adotti qualche finzione letteraria ma si commetterebbe già un primo e timido errore) che racconta secondo diversi canoni la sua storia.
Dovrebbe essere fatta non certo per fini di pubblicazione, questo semmai potrebbe essere un esito da considerare in seguito per una serie di ragioni ma l’autobiografia non dovrebbe neppure considerare questa possibilità, forse la dovrebbe fuggire.
Perché invece io ho scritto e pubblicato la mia autobiografia?
L’ho scritta perché a livello mio personale volevo intraprendere questo percorso di analisi attraverso la scrittura, volevo comprendere la scrittura autobiografica e poi perché non potevo certo andare in giro a parlare alla gente di autobiografia, delle possibilità e delle restituzioni di questa pratica senza averla sperimentata personalmente.
Perché ho pubblicato la mia storia, dal titolo Ti aspetto qui?
Per quello che ho appena detto: sperimentare. Credo sia difficile comprendere questo genere se non l’hai sperimentato, se non hai toccato con mano. La pubblicazione – o meglio l’auto pubblicazione con l’etichetta del mio studio editoriale – ha il senso di mettere a disposizione un testo autobiografico e una modalità di svolgimento.

Che cosa differenzia davvero l‘ autobiografia dal romanzo e perché di rado le vere autobiografie vengono pubblicate?
Ma perché, se pur di storia si tratta, l’autobiografia non diventa mai romanzo o saggio? Non è vero che non lo diventa mai.
Ci sono tante autobiografie e biografie (ricordo però che la biografia è una cosa diversa e se vuoi approfondire l’argomento ti consiglio la lettura di questo articolo Autobiografia e biografia, ecco le differenze) che vengono pubblicate, molte sono di personaggi famosi scritte da loro stessi (poche volte) e poi rimaneggiate per renderle pubblicabili.
Ma come dicevo la pubblicazione non è mai un obiettivo e neppur un pensiero di chi scrive la propria storia.
L’autobiografia ha altri fini, altri approdi
La scrittura autobiografica non deve preoccuparsi di costrutti grammaticali, di trama e sviluppo narrativo. Ha altri fini e altri approdi.
Deve narrare la vita così com’è stata e così come si osserva cercando, per quanto sia possibile, di raccontarla con verità di fatti, almeno quelli perché poi entrano in gioco le emozioni, il vissuto con tutte le sue pieghe, a volte anche i risentimenti e gli antichi rancori che l’autobiografia stessa dovrebbe curare.
Ho letto tante, tante autobiografie. Nel loro stato embrionale, nel loro narrare grezzo, concitato, oppure lento, particolareggiato, glorioso o disperato.
Andate a visitare il Piccolo Museo del Diario di Pieve Santo Stefano, lì sono racchiuse storie che non avevano altro scopo che lasciare memoria di sé a chi sarebbe venuto dopo, e in tante situazioni neppure questo. Tra le righe così ben custodite vivono speranze, accorati appelli, amori perduti, imprese commerciali, poesie. Vita vissuta.
Quello che può scoraggiare nella lettura autobiografica è lo stile che spesso si fa faticoso. La narrazione indulge in particolari, segue la necessità liberatoria propria di questa pratica. Stanca il lettore sprovveduto, non preparato a quello che può trovare.
L’ autobiografia non è e non deve essere un romanzo.
In che cosa differisce?
Nell’autobiografia non trovi il romanziere
La prima differenza è che l’autore, quasi sempre, non è romanziere. Ma una persona che si avvicina alla scrittura senza altra pretesa di dar voce alla memoria. Del romanziere non ha ambizione e neppure la tecnica. Almeno nella maggioranza dei casi.
Non ha la strategia che si mette in campo quando si architetta un romanzo.
Anzi, se lo facesse toglierebbe veridicità, racchiuderebbe una storia selvatica in regole che non le sono consone.
Non ha lo studio dei personaggi che sono così brutali e veri, forse solo trasfigurati dal tempo che è trascorso. E proprio per questo – può sembrare paradossale – ma sono meno veri perché attorno ad essi non c’è stato un lavoro di fino come dovrebbe esserci nel romanzo. Coinvolgono molto meno chi legge.
L’ambientazione anche non è studiata. I luoghi sono quelli che sono, conservati nelle foto che all’occorrenza andiamo a riesumare e che dalle foto parlano al presente.
Entrambi pero i generi pensano al lettore anche se l’autobiografo forse lo nega e va ripetendo che scrive solo per sé.
In cuor suo non mente ma non c’è scrittura che sia davvero individuale, del tutto intima. Anche nella scrittura del diario più segreto pensiamo – inconsciamente anche – ad un lettore, immaginario, alter ego, desiderato e comprensivo ma pur sempre esterno a noi stessi. E al lettore, ad uno stuolo di lettori, pensa il romanziere.
Entrambe le scritture sono catartiche, certo. Nessuno esce indenne dalla scrittura del romanzo così come, ancor di più, dall’autobiografia.
Il romanziere impara, si mette alla prova, si confronta. Inizia a conoscere i personaggi, ci convive. In essi analizza se stesso. Fa comunque opera di approfondimento di sé. Ma ha una mappa, un percorso precostituito, delle regole.

Chi scrive l’autobiografia parte per un viaggio di cui crede di sapere tutto ma non sa nulla e ogni ancoraggio è illusorio.
Autobiografia, libro ribelle
Chi scrive l’autobiografia parte per una viaggio di cui crede di sapere tutto ma non sa nulla e ogni ancoraggio è illusorio. Non sa se e dove approderà, quale sconvolgimento porterà attraversare certi mari, prendere rotte sconosciute. Se si sforza di essere onesto, chi scrive l’autobiografia non ne uscirà del tutto intero. Si tratta di un monologo, con un fine di ricerca di sé.
“Ogni libro, tanto più se autobiografico, è un figlio simbolico. Non è mai come l’avresti desiderato, è ineducabile” scrive Duccio Demetrio.
A proposito del professor Demetrio, oggi senza alcun dubbio rappresenta la massima autorità in campo di scrittura autobiografica, fondatore della Libera Università dell’autobiografia – che ho frequentato e con cui inizierò tra breve un bellissimo percorso – e oggi Direttore del Centro nazionale di studi autobiografici. Leggere e ascoltare Demetrio è formazione continua. La sua esperienza autobiografica è spesso anche spiazzante, disillusa, vera.
Proprio lui sarà ospite con un suo interessante e profondo intervento al Convegno del 1 giugno che si terrà a Milano al teatro OUT OFF. Durante questo Convegno, un evento a livello nazionale – e se ami la scrittura o scrivi per lavoro non puoi mancare – parleremo di scrittura in tutte le sue diverse forme con relatori d’accezione.
Il professor Demetrio affronterà il perché dovremmo (o non dovremmo?) intraprendere una scrittura autobiografica, approfondirà il concetto di quanto bene possa fare sul cammino della nostra crescita personale e porrà, com’è nel suo stile, dubbi e domande, innumerevoli sollecitazioni per nuove e stimolanti riflessioni.
Invece se vuoi sperimentare sul campo la scrittura autobiografica, vieni con me il 6 e il 7 aprile all’Oasi di Galbusera Bianca per partecipare al seminario Scrivi la tua storia. Sono rimasti pochi posti, se senti di partecipare manda subito la richiesta d’informazioni, ti scriverò dandoti tutte le indicazioni necessarie.
Condivido con te questo video che sono certa ti sarà di grande ispirazione.
Scrivere è vivere. Non c’è altro modo per spiegarlo.
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