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diventare editor: io ho fatto così

Diventare editor? Io ho fatto così

Come si diventa editor? Quali aspetti sono determinanti per formarsi in questa professione?

Sono domande che tante persone mi hanno posto e mi pongono spesso, ecco perché ho deciso di scrivere questo articolo, sperando possa essere utile. 

Ho già parlato degli step necessari per intraprendere il percorso editoriale in un articolo (Come diventare editor e ghostwriter: la guida) in cui ho approfondito anche la figura del ghostwriter.

Oggi, però, voglio raccontare le tappe che, una dopo l’altra, mi hanno condotta a svolgere un’attività così bella, in questo modo, e con così tanta passione.

Potrà sembrare un articolo autoreferenziale, pazienza; a volte però dobbiamo raccontare anche che cosa ci abbia permesso di poter svolgere la nostra professione, dove sia radicata la competenza che proponiamo, che cosa ci consenta di proporci sul mercato, perché le persone dovrebbero affidarsi a noi. Quello che sto per raccontare non è l’unica strada possibile, è stata ed è la mia strada, basata sia su scelte utili sia su scelte del tutto soggettive. 

  Una buona formazione culturale

  1. Passione assoluta per lettura e scrittura: alla base di una professione come questa non può mancare una vera e autentica passione, sostenuta dalla lettura e da un allenamento costante nella scrittura e nell’analisi dei testi. Solo la passione ti permette di ragionare per ore su una frase, di tornarci sopra se non ti soddisfa, di sperimentare varianti senza stancarti mai, anzi, prendendola spesso come una sfida.
  2. Correzione di bozze: a 17 anni ho iniziato a collaborare – nel tempo libero – con un giornale locale di Novara, scrivevo articoli ma più che altro ne correggevo molti; quando, dopo la laurea, sono entrata in una grande casa editrice (De Agostini Editore) il lavoro di correzione, abbinato alla verifica delle fonti, è stata un’altra esperienza professionale determinante. Gli anni passati nella grande editoria, in un settore di punta del mercato, mi hanno permesso di costruirmi un bagaglio di conoscenze tecniche e personali a cui ancora attingo. Certo, mi sono resa subito conto che più che la pura correzione di bozze mi appassionava l’analisi dei testi da un punto di vista di sviluppo, di congruenza e di visione. Ancora oggi questa è la caratteristica principale della mia attività di editing. Nel mio team ci sono però bravi correttori di bozze che mi supportano quando necessario.
  3. Greco e latino: non sono una sostenitrice a oltranza dello studio delle lingue antiche, greco e latino, del liceo classico (che io ho amato tanto e a cui devo molto), ma aver studiato e tradotto queste due lingue mi ha formato in modo particolare. Ho così sviluppato attenzione ai testi, ricerca della parola giusta, analisi delle frasi non solo dal punto di vista formale, ma anche contenutistico e di percezione del lettore.  Quando traduci dal greco, per esempio, devi ragionare con molta attenzione e direi anche con pensiero laterale. Un termine greco può avere molte traduzioni: la scelta di una parola deve dipendere anche da una valutazione del contesto, aspetto spesso trascurato nel lavoro di editor. Ci si concentra sui particolari e si perde la visione d’insieme. In ogni caso, non si può pensare di diventare editor senza investire del tempo nella ricerca dei termini adeguati, giusti nell’ambito testuale che stiamo prendendo in considerazione.

Editoria, tecniche di stampa e marketing editoriale

  1. Professione editore: aver fondato e poi diretto per dieci anni una casa editrice (Edizioni Astragalo) mi ha permesso di venire in contatto con tutte le realtà del mondo editoriale. Dagli autori ai grafici, dai tipografi ai librai. In particolare, ho stretto amicizie con molti editori e, confrontandomi con loro, mi sono addentrata nei meccanismi che portano alla pubblicazione di un libro. Così, ho frequentato eventi dedicati al libro, in Italia e all’estero. Ho imparato a valutare con attenzione il mercato editoriale, a conoscere come venga gestita la presentazione, ma anche la distribuzione e la vendita di un libro, a riconoscere case editrici, agenti letterari validi e comparse inconsistenti. Ho studiato cataloghi editoriali italiani ed esteri. Penso che lavorare – anche in diversi ruoli, non per forza come editore – in una casa editrice faccia la differenza. Un editor che ha questa possibilità, che si confronta con le esigenze del mercato, con le scelte tipografiche, con i canali distributivi avrà molte più competenze da mettere a disposizione degli autori che seguirà.
  2. Conoscenza dei processi di stampa e marketing editoriale: mi sono occupata, affiancando i tecnici, di come s’impagina un libro e perché si fanno certe scelte piuttosto che altre, perché una copertina funziona e un’altra no. Ho analizzato i criteri con cui un editore sceglie un libro e se serva partecipare o meno a un dato evento di settore. Sempre in questi anni mi sono formata nell’ambito del marketing editoriale e questa competenza ora è davvero utile per seguire gli autori nella fase più difficile, che segue alla pubblicazione del libro e che coincide con la promozione e la diffusione del titolo.
diventare editor: io ho fatto così

Nel lavoro di editor è necessario avere dei valori di riferimento, primo fra tutti onestà e autenticità nel rapporto con gli autori. 

Serve una laurea?

  1. Laurea: serve una laurea per diventare editor? Le vie di formazione culturale possono essere tante e diverse. Non mi sentirei di dire che se non hai una laurea, non svolgerai bene la professione. Però aiuta, tanto. Io mi sono laureata in giurisprudenza. Non credo ci sia una laurea più valida di un’altra, filosofia e lettere sono ottime scelte, però conosco bravi editor laureati in storia, in biologia e anche in ingegneria. Il più grande editor del mondo, Mr. Perkins, era laureato in economia. Come può avermi aiutata una laurea in legge? Molto, perché per me, in questa professione, ha rappresentato un valore aggiunto. Fin da subito, sono stata in grado di gestire contratti editoriali, potendo fornire agli autori assistenza nella valutazione di un contratto in modo che comprendano quando si tratti di un reale accordo editoriale e quando invece sia una vendita o, peggio, una truffa. La formazione universitaria ha il pregio di ampliare la nostra cultura secondo una metodologia definita, di contribuire a un mindset più aperto e capace di auto organizzarsi (in genere).
  2. Essere stata autrice: anche questo non è un passaggio indispensabile nel senso che molti editor, anche quelli più famosi nella storia dell’editoria, non hanno mai scritto o pubblicato libri propri; penso però che aver scritto e pubblicato libri mi abbia consentito di immedesimarmi in modo profondo nei panni degli autori. Comprendo benissimo la fatica di strutturare un libro, di correggere e spesso riscrivere; l’ansia di vedere il tuo libro pubblicato e di conoscere il parere dei lettori.

Estero e sceneggiatura

7. Seguire editor americani e inglesi: credo che per diventare editor, un buon editor, si debba allargare il proprio panorama d’osservazione. Mi appassiona molto il modo di lavorare degli editor inglesi e americani, hanno capito subito quanto questo mestiere dovesse calarsi nella praticità, diventare un lavoro produttivo da ogni punto di vista. Sono bravi, sanno applicare le regole del marketing, hanno blog ben strutturati che coltivano con assiduità, lanciano numerose iniziative, scrivono articoli utili con indicazioni concrete. Seguire queste figure e studiare l’evoluzione della professione in altri Paesi ha rappresentato un vero salto di qualità anche nella gestione del mio team e dei collaboratori. Alcuni nomi? Brooke Warner, writer coach ed esperta di self publishing; Anne Kroeker, la book coach e autrice Rochelle Melander.

8. L’importanza della sceneggiatura: l’essermi dedicata alla scrittura per il cinema e il teatro (mi sono formata alla scuola Cinbelife di Milano) mi ha migliorato nella capacità di gestione essenziale dei testi: capacità di eliminare il superfluo, di porre attenzione alla costruzione delle scene e dei personaggi. Ma in modo particolare mi ha fatto comprendere quanto sia importante che i testi narrativi abbiano ritmo e che cosa s’intenda per ritmo e come si possa creare. 

Scrittura autobiografica e Vision

9. Libera Università dell’Autobiografia: frequentare la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, dove ho tenuto seminari e con cui collaboro, diventare cultrice di autobiografie è stato determinate sia per scrivere la mia autobiografia (un ottimo esercizio di introspezione) ma anche per imparare a comprendere le persone, prestare attenzione alle storie che vengono narrate. Si acquisisce la consapevolezza che ogni autore porta con sé il proprio vissuto che incide anche sul linguaggio e sulla scelta narrativa. La scrittura autobiografica è parte del più vasto campo della scrittura terapeutica a cui mi dedico da anni, dopo esperienze di raccolta di storie in case e centri di cura per la salute mentale e dopo aver seguito numerose persone in questi percorsi. Il lavoro di tanti anni è sfociato nel libro “Scrivere per guarire. Manuale di scrittura terapeutica” pubblicato da Editrice Bibliografica. Fondamentale per me è stato anche frequentare un seminario di Medicina Narrativa, a Milano, organizzato da Istud.

10. Vision: Vision è il titolo del mio libro ma ci sono arrivata dedicando molto tempo allo studio della scrittura consapevole e strategica. Gli scrittori, gli autori in generale (non necessariamente romanzieri) dovrebbero lavorare molto anche con la scrittura strategica di supporto che aiuta a chiarire gli obiettivi che ci si pone con le proprie opere. Avere una Vision lucida del ruolo di autori, delle potenzialità – così come dei limiti – giova allo stile e alle modalità con cui ci si presenta permettendo di costruire un buon rapporto con il proprio pubblico. 

I valori di riferimento

11. Valori: avere dei valori di riferimento, un codice di comportamento etico credo sia uno step importante per tutti coloro che vogliano intraprendere questa professione. Perché è così importante? L’editor si confronta con persone che hanno una forte aspettativa e per questo è necessario essere sempre molto onesti, autentici nell’analisi dei testi. Gli autori non vanno mai illusi, il lavoro da svolgere deve essere chiarito così come le lacune che l’opera presenta. 

12. Il coaching: nel 2021 mi sono diplomata life coach (presso la scuola INcoaching) per poter svolgere a tutti gli effetti l’attività di Writer Coach. La qualifica di coach permette di apprendere tecniche e strategie di guida, utili in momenti in cui gli autori o i professionisti che si affidano a noi faticano ad avere chiarezza circa il proprio ruolo e la propria arte o attività; quando c’è bisogno di andare oltre certi blocchi, di ritrovare motivazione, di organizzare meglio il lavoro, le competenze del coaching si rivelano fondamentali.

Ho elencato in maniera essenziale quello che per me è stato un cammino formativo utile e appassionante, che mi ha portato a svolgere bene, con soddisfazione e profitto, una professione che amo, in cui mi riconosco e che mi permette di migliorare, di progredire anche come persona.

Non penso che le mie tappe ed esperienze siano le uniche possibili per un motivo semplice: la strada siamo noi, con le passioni e le visioni che ci connotano. Certo, dobbiamo lasciarci ispirare da chi ha intrapreso il percorso prima di noi, ma non dobbiamo temere di provare nuove vie e sperimentare metodi alternativi.

Penso che aggiornerò spesso questo articolo: il cammino di una professione come editor e ghostwriter è sempre in fase di apprendimento, si può sempre crescere, migliorare, imparare. L’importante – ma importante davvero – è mantenere accesa e viva la fiamma della passione.

 

 

 

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