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editing di un testo come farlo e perché è necessario

Che cos’è l’editing?

Parliamo spesso di editing ma non sempre è chiaro che cosa significhi davvero questo termine.

La scrittura è una forma di comunicazione d’eccellenza, oggi scriviamo tutti. E più che mai abbiamo bisogno di far crescere il livello dei testi e di trovare originalità espressiva. Come si migliora? Producendo una scrittura corretta, curata, con contenuti interessanti e che sappia coinvolgere il lettore.

In questo processo l’editing è fondamentale, non ho alcun dubbio nel sostenere che si tratti della fase da cui dipenda il successo di un testo.

Ma in che cosa consiste questa pratica? Perché lo chiamiamo così?

 

Editing: significato e derivazione

Dal verbo inglese (to) edit «curare l’edizione di un’opera».

In particolare: 

in editoria, s’intende la cura redazionale di un testo per la pubblicazione, cioè lettura attenta intesa a verificare la correttezza di ortografia, grammatica, sintassi, l’organizzazione strutturale del testo e la sua coerenza interna, l’adeguatezza dello stile, l’esattezza e la rispondenza alla realtà delle asserzioni scientifiche e storiche, in informatica; l’insieme degli interventi svolti da un word processor al fine di editare un documento.

Si parla di editing anche a proposito di montaggio di un film, di un programma televisivo o radiofonico, di un video e di un podcast.

A noi interessa la prima definizione.

Da citare anche la parola revisione che secondo molti traduce in italiano il senso di editing, secondo altri si differenzia perché con revisione intenderemmo un’operazione volta a rivedere i macro-aspetti del testo (tenuta narrativa, taglio editoriale, linguaggio) e non le correzioni più capillari citate nella definizione. 

Voglio ricordare anche l’etimologia di revisione re+visione (dal latino re+video e cioè vedo di nuovo, riguardo) che significa tornare a rivedere. La particella RE implica il ritorno che immaginiamo sempre però con nuovi occhi. O almeno così dovrebbe essere. 

Editare un testo significa perfezionarlo e dargli identità: questa è la cosa più importante.  

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Oggi più che mai abbiamo bisogno di migliorare la scrittura e di trovare originalità espressiva. E questo si può fare se produciamo dei testi corretti, ben fatti, con contenuti interessanti e che sappiano coinvolgere il lettore.

L’editing modifica il cervello e migliora la scrittura 

L’editing modifica il cervello, sviluppa il linguaggio, agisce sulle nostre connessioni neuronali. Possibile? Certo.

Le parole possono influire su di noi, possono cambiarci. L’attività di editing che è ricerca della forma migliore ha di certo un ruolo basilare nello sviluppo del nostro cervello: la continua ricerca dell’espressione giusta, della sintassi e dei contenuti crea, come dicevo, nuove connessioni neuronali. 

Molti – quasi tutti – collocano l’editing nella fase del post scrittura: è giusto. Ma chi scrive dovrebbe invece formarsi in quest’attività a prescindere dall’aver già prodotto un testo, visto che plasma la nostra competenza e ci migliora.

Il primo editing fallo tu

Il primo editing deve farlo l’autore, perché nel modo in cui racconta la sua storia c’è parte di lui e solo lui sa quale sia il significato preciso delle immagini e sensazioni che vuole trasmettere a chi legge.

Nel romanzo in particolare deve essere l’autore il primo editor per il proprio testo.

Ma perché chi scrive dovrebbe imparare le basi dell’editing, le regole fondamentali della revisione di un testo?

Non basterebbe, quando un autore ha pronto il suo romanzo, il suo manuale, i testi del suo blog, i post per i social, rivolgersi a un editor e farsi sistemare i testi nel modo migliore?

Fare l’editor è la mia professione, e so quanto i testi possano migliorare e che cammino incredibile compia l’autore. Però mi sono resa conto negli anni che non è sufficiente, che ci deve essere una base di partenza per chi scrive. Dico sempre: “il primo editing fallo tu”.

Devi lavorare tu sul tuo testo, nell’immediato. Imparare a fare l’editing significa migliorare nella scrittura, ecco perché ha senso apprendere tutte le regole della revisione letteraria di uno scritto. Però voglio dire un’altra cosa che ho sperimentato: le regole non sono sufficienti. L’editing è fatto anche d’intuizione, è fatto di musicalità, d’imparare ad ascoltare e a sentire l’armonia della pagina, di quello che avete scritto. Dovete entrare nella vostra scrittura, e chi meglio di voi?

Rivedere un testo significa indagarlo, interrogarlo, far emergere ciò che di meglio abbia da dire; un lavoro, questo, che non può prescindere da chi quel testo l’ha pensato e scritto. L’autore smette i panni di scrittore per indossare quelli di lettore di se stesso e quanto più egli avrà dimestichezza con la lettura anche degli altri, tanto più evocativo sarà ciò che riuscirà a scrivere di suo.

Occorre analizzare sempre con occhi nuovi i propri scritti prima di pubblicarli, fossero essi anche dei post di poche righe, perché il modo in cui si comunica porta agli altri la nostra voce, il nostro vissuto e sappiamo tutti quanto sia importante il tono di voce nel linguaggio parlato, quanto incida sull’efficacia e sulla credibilità di ciò che si dice.

 

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Non temere mai di affrontare gli errori e le mancanze del tuo testo, anzi, buttati con energia in questa attività perché trasformerà il tuo stile. Certo, richiede impegno, fatica ma ti porterà grandi soddisfazioni e profondo apprendimento.

In modo particolare, evita la trappola del “va bene così”: non accontentarti, ascolta la scrittura, senti dove non funziona, dove stona e agisci.

A che cosa deve mirare un buon editing?

1. Ricerca di qualità 

A maggior ragione quando si scrive un romanzo il lavoro di editing diventa determinante e irrinunciabile.

Ogni giorno come editor leggo testi di autori di generi e contenuti molto diversi e con ciascuno di loro instauro un rapporto personale, che tiene conto delle finalità e degli obiettivi che gli scrittori si pongono nel redigere le proprie opere. Esiste però un fattore comune che sta alla base della nostra intesa, una condicio sine qua non che ci deve per forza vedere d’accordo: la ricerca della qualità.

Solo se si parte da questo presupposto si tollera la cura, spesso maniacale, a cui vengono sottoposte le frasi, le parole, la punteggiatura. Solo se si ha intenzione di fare centro si accetta di ribaltare, ridiscutere, rifare il lavoro e, cosa sempre molto difficile da digerire, di tagliare alcune parti di testo che, per quanto possano piacere o appagare, hanno però il difetto di risultare ingombranti.

Ci vuole una capacità di autocritica non indifferente. L’editing è un lavoro di cesello che non va d’accordo con fretta, approssimazione e autori permalosi.

2. Volontà di migliorare

A trarre beneficio da un buon editing non è soltanto il testo, ma anche l’autore che attraverso questa pratica può migliorare come scrittore, rimettersi in discussione, acquisire consapevolezza, ampliare le proprie competenze.

Correggere diventa un’occasione per crescere, per alzare il livello della scrittura. È un atto d’amore per il proprio lavoro e una forma di rispetto nei confronti di chi dedicherà il suo tempo alla lettura dei nostri scritti.

Il nostro cervello è pigro, non è per sua natura disposto a cambiare schemi che funzionano, anche in ambito lessicale e linguistico. Ci vuole un atto forte di volontà, ma questo atto di volontà fa la differenza tra chi solo dice e chi invece racconta.

3. Attenzione nei confronti dell’intero impianto narrativo

Nella fase di revisione il testo viene guardato nel suo insieme e analizzato anche come struttura. È lì che emergono eventuali incongruenze, cadute narrative, incoerenza dei personaggi, perdita di ritmo, inefficacia dei dialoghi.

L’editing è un’indagine che tocca la sostanza, non solo la forma.

Il romanzo diventa sinfonia e misura, in cui tutto deve stare al proprio posto per evitare sgradevoli dissonanze.

È un lavoro invisibile, di cui spesso il lettore finale non ha percezione, ma che si traduce in quella scorrevolezza e piacevolezza stilistica che lo appassionano, va oltre la trama e gli fa sentire il libro davvero unico nel suo genere.

Nel “Manuale di lettura creativa, che ho trovato tanto curioso nel titolo quanto interessante nei contenuti, Marcello Fois, nel capitolo dedicato a Lo stupore dell’ovvio, scrive: “[…] «il faticoso», in scrittura, si rappresenta ai massimi livelli nella sua totale assenza. Sarebbe a dire che è artista, scrittore, solo chi sa nascondere la fatica del suo fare.”

Ecco, un buon editing è in grado di far sparire la fatica della scrittura là dove l’autore, nella sua prima stesura, non sia riuscito a evitarla.

4. L’importanza degli occhi degli altri

Consiglio sempre agli autori di padroneggiare le tecniche dell’editing e di formarsi in questo senso, perché acquisire tali competenze diventa un loro patrimonio, utile non per uno ma per tutti i testi a cui decideranno di dedicarsi.

A volte però è bene affidare anche a qualcun altro la rilettura del nostro testo, che lo riveda con occhi esterni, prospettive nuove, inconsuete, specie quando l’obiettivo dell’autore è quello di pubblicare il proprio romanzo. La scelta del lettore di fiducia dovrà ricadere su una persona affidabile, critica, obiettiva, meglio se non affettivamente coinvolta, intenzionata ad aiutare e non a compiacere. Talvolta, come abbiamo detto, può risultare opportuno ricorrere anche a un editor professionista, che saggi il testo sotto ogni aspetto e lo predisponga al meglio prima d’essere proposto a un editore per la pubblicazione.  

Ma deve trattarsi di una scelta dell’autore. Non può, per esempio, essere l’editore a imporre l’editing – visto che implica un investimento economico – come condizione necessaria per essere pubblicati, anche perché in questo caso si tratterebbe di una forma mascherata di pubblicazione a pagamento, non troppo limpida benché più frequente di quanto si pensi. Se un editore crede in un testo si farà carico dell’editing. Oppure, come dicevamo, può essere l’autore che prima di presentarlo a un editore preferisce testarsi e capire se può migliorare il lavoro svolto. Spesso l’editing diventa una vera e propria scuola di formazione nell’ambito della scrittura. 

 

Come fare editing? I 3 livelli di revisione del testo

Ma come si fa a fare editing prima di affidarsi, per esempio, a un editor? Quali accorgimenti apportare sul testo, o meglio, come porsi?

Ecco i livelli su cui agire.

  1. Livello oggettivo: parliamo della correzione ortografica e grammaticale e della sintassi.  Va fatta una rilettura e una correzione di tutti gli errori, i refusi, come vengono chiamati nel gergo editoriale. Parole sbagliate, accenti, apostrofi; viene corretta e resa più efficace la punteggiatura. Si correggono gli errori grammaticali, verificando che siano giuste le preposizioni usate, i tempi dei verbi e la sintassi, cioè la costruzione delle frasi.
  2. Livello strutturale: a questo livello si entra nella vera e propria struttura del testo. Si verifica che lo sviluppo narrativo regga e che non ci siano cadute di stile.
  3. Livello empatico: quello più delicato dove si valuta proprio l’empatia che il testo riesce a creare con il lettore.

T’invito a leggere l’articolo Come si corregge un libro: i 3 livelli in cui ho approfondito i vari aspetti di cui ti sto parlando.

C’è anche da dire una cosa importante: la pratica dell’editing varia a seconda della tipologia di testo. Ed è molto importante tenerne conto.

 

editing: cos'è e come farlo

Alla base di ogni scrittura c’è un paziente, scrupoloso, estenuante lavoro di rifinitura, di correzione, di messa a fuoco, di puntualizzazione, di calibratura che costituisce la qualità e forza del buon artigiano.

Andrea Camilleri

Ecco gli errori che trovo nei testi nel mio lavoro di editor

L’editing sui testi è il mio lavoro quotidiano, i problemi che trovo sono molti – quasi tutti risolvibili – e conoscerli vi aiuterà a evitare di cadere in certi errori.

Fare editing ad un testo non significa soltanto valutarne la forma, trovare gli errori ortografici, sintattici e grammaticali – questo lo può fare il correttore di bozze – ma anche testarne efficacia e leggibilità. In una parola: vagliare le sue potenzialità per un’eventuale pubblicazione.

Gli aspetti di cui tenere conto sono tanti e nel mio quotidiano lavoro di editor mi accorgo che alcune manchevolezze sono diffuse e riscontrabili in molte delle opere che analizzo.

Il peso dei testi

“La grande narrativa – la buona narrativa – come ogni lettore serio sa bene, ha una grande importanza emotiva e intellettuale. E la migliore narrativa dovrebbe avere un certo peso, non c’è altra parola per dirlo. (I Romani usavano la parola gravitas per indicare un’opera di sostanza). Comunque la vogliamo chiamare (magari non c’è neanche bisogno di definirla), è una qualità che tutti riconoscono quando si rivela.” [Raymond Carver – Il mestiere di scrivere, Storie in cui accade qualcosa d’importante].

Mi piace iniziare con questa citazione con il mio contributo sui problemi più comuni che, in fase di editing, incontro più spesso nei testi che revisiono, perché ritengo che Carver centri con lucidità gli obiettivi a cui ogni scrittore dovrebbe tendere e che ogni editor dovrebbe ricercare negli scritti che prende in esame.

Carver parla di “importanza emotiva e intellettuale” e di “peso” come sintesi della buona narrativa, quel quid che tutti colgono nei testi che leggono, quando c’è, pur senza saper spiegare spesso di che cosa si tratti, e che gli scrittori invece dovrebbero avere ben chiaro fin da subito quando decidono di comporre un’opera.

Ogni scrittura finalizzata alla pubblicazione deve toccare le corde sensibili dei lettori a cui si rivolge e generare empatia o, per usare sempre le parole di Carver, “lo choc del riconoscimento”.

​Il pubblico di riferimento

E qui la prima considerazione: in fase di editing mi rendo conto che spesso gli autori, prima di cimentarsi nella stesura, non si sono domandati quale sia il tipo di lettori a cui intendono rivolgersi. Non si tratta di conformarsi al gusto di un pubblico ideale per compiacerlo, ma di avere ben chiaro il contenuto dei propri scritti per intuire a chi potrebbero interessare.

Il linguaggio adottato per raccontare qualcosa cambia a seconda del pubblico a cui è destinato, ma mentre l’oratore può vedere chi gli sta davanti, quali siano le sue reazioni e l’età media del proprio uditorio, lo scrittore non ha questo privilegio e deve immaginare i propri lettori.

Idea iniziale e linguaggio più adatto

Fare chiarezza sui destinatari significa cogliere l’essenza del messaggio, l’idea di fondo sottesa al testo e presuppone, da parte dello scrittore, un lavoro di indagine e di sintesi che previene la scrittura.

L’idea di un testo, sia esso un articolo, un romanzo, un saggio, un libro che descrive un’azienda, un blog, è ciò che potrebbe essere riassunto in poche righe e che contiene il senso di quello che vogliamo comunicare. È la causa che ci fa scrivere, ma anche l’effetto che vorremmo ottenere.

Una volta chiarito a chi vogliamo dire che cosa, si potrà decidere come procedere, ovvero a quale genere narrativo ricorrere e quale linguaggio scegliere per esprimerlo. Può sembrare inverosimile, ma in realtà molti dei testi che revisiono mancano, in tutto o in parte, di struttura, di finalità e di svolgimento logico.

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Non c’è correzione, per quanto marginale e insignificante, che non valga la pena di effettuare. Di cento correzioni ognuna può sembrare meschina e pedante; insieme possono determinare un nuovo livello del testo.

Theodor W. Adorno

Benedetta scaletta

Non sono abituato a fare scalette, non è nella mia natura. Io scrivo sotto l’effetto dell’ispirazione. Me lo sono sentita ripetere spesso e tutte le volte ho fatto presente al mio interlocutore che la scaletta o indice degli argomenti, schema dei capitoli, albero della storia o come altro lo si voglia chiamare, è un punto di partenza imprescindibile della scrittura. Se manca il lavoro preparatorio, si vede.

I testi che leggo difettano sovente di uno sviluppo coerente. Si arriva alla fine senza raggiungere l’obiettivo.

Se non serve, non dirlo

Non tutto quello che si racconta ha la stessa intensità; ci sono scene che contengono azione, conflitti, avventure e altre meno movimentate il cui scopo è quello di introdurre o accompagnare il lettore alle successive. In questi momenti è facile incappare in battute d’arresto che rompono il ritmo narrativo e lo rallentano. Il lettore avverte la fatica dello scrittore nel traghettarlo dove vuole lui.

Troppo spesso quando revisiono i testi m’imbatto in capitoli trascinati per pagine, in cui l’autore indugia sui dettagli, si perde in descrizioni che non aggiungono niente alla vicenda, ripete gli stessi concetti con parole diverse.

Tutto quello che si scrive deve essere funzionale alla trama o alla tesi che si vuole sostenere: se non serve, non dirlo.

La voce dell’autore

A meno che non si scriva un’autobiografia o si scelga di raccontare una storia in prima persona, l’autore dovrebbe lasciare parlare e agire i propri personaggi ed evitare incursioni nel testo che suggeriscano le intenzioni dei protagonisti o quale sia il modo migliore di interpretare ciò che ha appena scritto. La voce di un autore ha a che fare con lo stile narrativo e non con la sua presenza in scena. Se c’è bisogno di specificare che un personaggio è arrabbiato, imbarazzato, felice o affranto significa che non lo si è fatto agire o parlare in modo così efficace da renderlo evidente. Bisognerà allora lavorare sul personaggio e non aggiungere una didascalia.

La cura della forma

L’editor non riscrive i testi che prende in esame. Il suo compito è quello di individuarne punti di forza e criticità e suggerire gli interventi da operare, ma sarà poi l’autore ad agire e a lavorare sullo scritto.

A volte però mi arrivano testi poco curati nella forma o per niente riletti, ancora in fase embrionale. 

Il primo editing lo deve fare l’autore. L’opera che si sottopone a un editor dovrebbe essere il risultato di un lavoro di progettazione, svolgimento e rifinitura che lo scrittore ha già svolto per conto suo.

Hai terminato la tua opera: lavoriamo insieme?

 

Se vuoi iniziare subito l’editing del tuo testo – romanzo, manuale, autobiografia o altro – scrivimi subito così valuteremo la possibilità d’intraprendere questo lavoro in cui ti seguirò nel miglioramento della tua scrittura e della tua opera.

 

 

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