fbpx
esercizi di scrittura creativa

Che cosa intendiamo per stile di scrittura?

Fornire una definizione oggettiva di stile di scrittura non è facile, perché nello stile, sia in chi lo
esprime sia in chi lo recepisce, esiste una componente personale che sfugge al controllo e alla
catalogazione.
Se si consulta un dizionario – io ho fatto riferimento, per esempio, a quello online di Treccani – si
può trovare una spiegazione come questa: “Particolare modo dell’espressione letteraria, in quanto
siano riconoscibili in essa aspetti costanti (nella maniera di porsi nei confronti della materia
trattata, di esprimere il pensiero, nelle scelte lessicali, grammaticali e sintattiche, nell’articolazione
del periodo, ecc.), caratteristici di un’epoca, di una tradizione, di un genere letterario, di un singolo
autore.”

Dunque, si tratterebbe del “modo” in cui si esprime un autore. Interessante che il dizionario non
abbia parlato di “forma”, e la ragione è semplice: perché stile e forma non sono sinonimi.
Appare subito evidente che lo stile di scrittura è qualcosa di più, che va oltre alla correttezza grammaticale e
sintattica di un testo, alle scelte relative alla struttura dei periodi (paratassi o ipotassi), all’uso di questo o quel vocabolo più o meno ricercato. Allora se proprio dobbiamo trovare un sinonimo alla
parola “stile”, forse il più indicato è “voce”.

Nella scrittura, come nella vita, ognuno ha una propria voce unica e riconoscibile. Gli autori, quelli
grandi e degni di questo nome, sono identificabili attraverso la loro voce, cioè lo stile.
Usare uno stile artefatto è come parlare agli amici in falsetto. Il suono prodotto non è autentico,
chi ci conosce ne coglie subito l’improbabilità. Allora lo stile, più che la forma, riguarda l’autenticità
del modo con cui ogni scrittore si esprime.

 

Gesualdo Bufalino: uno stile unico

Ho avuto spesso occasione di esprimere la mia ammirazione nei confronti di Gesualdo Bufalino,
autore che amo in modo particolare. Bene, il suo stile, riconoscibile e – direi – unico, non incontra
il favore di tutti, perché non è per niente facile da approcciare, al punto da risultare a volte persino
respingente. A titolo di esempio riporto l’incipit (e sottolineo incipit, ovvero le prime parole con cui
si apre il libro) di Diceria dell’untore, una delle sue opere più famose:

O quando tutte le notti – per pigrizia, per avarizia – ritornavo a sognare lo stesso sogno: una
strada color cenere, piatta, che scorre con andamento di fiume fra due muri più alti della statura di
un uomo; poi si rompe, strapiomba sul vuoto. Qui sporgendomi da una balconata di tufo, non
trapela rumore o barlume, ma mi sorprende un ribrezzo di pozzo e con esso l’estasi che solo un
irrisorio pedaggio rimanga a separarmi… da che?”

Che cosa però ci fa dire, senza dubbio alcuno, che qui siamo di fronte a uno stile vero e proprio e
non solo a una trovata stilistica?

La risposta è l’autenticità, il fatto cioè che Bufalino non scriveva così per produrre una prosa artefatta e abbacinante, ma perché quella era la forma migliore che conoscesse per raccontare la storia che voleva trasmettere. Quello stile, e non un altro, collimava in modo perfetto con il suo sentire i contenuti che intendeva narrare.
Si può replicare? Sì, se questo stile appartiene anche a noi. No, se lo copiamo in modo pedissequo
e impersonale.

 

 

 

 

O quando tutte le notti – per pigrizia, per avarizia – ritornavo a sognare lo stesso sogno: una strada color cenere, piatta, che scorre con andamento di fiume fra due muri più alti della statura di un uomo; poi si rompe, strapiomba sul vuoto.

Gesualdo Bufalino

editare un libro

Elementi di stile: quali sono? 

E allora, alla luce di quanto detto sopra, risulta anche complicato redigere un elenco di elementi
tecnici in grado di definire uno stile. Perché se è evidente che lo scrittore dotato di stile è quello
che conosce e applica alla perfezione le tecniche della scrittura, non è altrettanto ovvio che avere
stile implichi produrre un testo sempre corretto e pulito.

Per esempio, se si sta raccontando una storia ambientata alla fine dell’Ottocento, che vede come
protagonista una famiglia contadina analfabeta, è chiaro che nel far parlare i personaggi si dovrà
tenere presente la loro estrazione socioculturale e le battute di dialogo dovranno contenere
sgrammaticature, inflessioni dialettali, costrutti scorretti. Sono quelli, infatti, i tratti caratteristici
dei personaggi che agiscono sulla scena, quelli che anche il lettore si aspetta di incontrare.
Se, invece, si sacrificano i colori della scrittura sull’altare del rispetto delle regole grammaticali,
allora si fa perdere alla narrazione il suo tratto più caratteristico e significativo: la capacità di
suscitare emozioni.
Intendiamoci, non sto perorando la causa di chi spaccia per stile personale testi illeggibili, infarciti
di errori ortografici, refusi di ogni tipo, anacoluti e vaneggiamenti vari. La differenza tra chi ha stile
e chi dice di averne uno sta nella profonda padronanza della materia che maneggia. Si possono
infrangere le regole solo quando si dimostra di conoscerle bene e non per partito preso o, peggio,
per ignoranza.

Scrittura immersiva: che cosa s’intende? 

Il discorso sui colori della scrittura, allora, ci porta dritti al cuore di questo articolo, a quella che nel
titolo ho definito “modalità immersiva”.
Che cosa si intende per scrittura immersiva? Di che tipo di stile di scrittura si tratta? Chi si deve
immergere e come si può ottenere questo effetto?
Diciamo subito che l’immersione, a cui si fa riferimento, non riguarda tanto chi la scrittura la
produce, ma chi la riceve. Non si parla, quindi, di quello stato di totale coinvolgimento che
possono sperimentare a volte gli scrittori quando, presi dal proprio flusso creativo, perdono la
cognizione del tempo e dello spazio mentre scrivono. No, qui a trovarsi immerso nelle parole è il
lettore, tutte le volte in cui lo scrittore si rivela così bravo dal riuscire a trascinarlo con sé, dentro
alla storia che sta raccontando.
Allora a perdere la cognizione del tempo e dello spazio è il destinatario della narrazione, quando
questa arriva a toccare le sue corde più intime.

 

 

Che cosa si intende per scrittura immersiva? Di che tipo di stile di scrittura si tratta? Chi si deve
immergere e come si può ottenere questo effetto?
Diciamo subito che l’immersione, a cui si fa riferimento, non riguarda tanto chi la scrittura la
produce, ma chi la riceve.

editare un libro

Come riuscire a produrre una scrittura immersiva 

E come si riesce a ottenere l’effetto della scrittura immersiva? Mettendosi al servizio della storia,
dei personaggi e dei luoghi che si stanno descrivendo. Scomparendo, come autore, dietro al proprio racconto.

Efficacia, utilità, chiarezza sono qualità indiscusse della buona scrittura che, non dimentichiamolo,
ha come scopo primario quello di comunicare qualcosa a qualcuno. Ma quando si scrivono
racconti, romanzi, testi teatrali o sceneggiature, quando cioè entriamo nel campo della narrativa, comunicare non basta, bisogna trasmettere anche emozioni. Del resto, è proprio questo che cercano le persone nei libri: storie emozionanti.
Paura, sentimento, tensione, commozione, quiete, raccapriccio, divertimento: ognuno, a seconda
del proprio gusto e sensibilità, apre il libro nutrendo il desiderio e la speranza di provare
determinate sensazioni. Spesso è proprio sulla scorta di tale speranza che sceglie il genere di opera
da leggere e quanto più grande è l’aspettativa, tanto più cocente sarà la delusione nel caso in cui
questa speranza venga delusa.

Stile di scrittura e immersività: un equilibrio perfetto

Non riuscire ad arrivare al cuore del lettore, per uno scrittore, è un po’ come infrangere quel patto
che ha implicitamente deciso di stringere con lui, significa tradire la sua fiducia: invece di una
storia, gli si fornisce una cronaca, al posto di personaggi si mettono in scena soltanto degli agenti.
Il vero scrittore invece deve lasciare parlare i personaggi, i luoghi, le atmosfere che racconta. Di
più, anche la sua abilità scrittoria non può diventare la protagonista della narrazione, perché il
confine tra l’avere stile e il prodursi in un esercizio di stile è molto sottile, come si diceva sopra.
Quante volte capita di imbattersi in autori, dotati di innegabili capacità narrative, che però danno
la sensazione di compiacersene troppo, al punto di preferire prodursi in tecnicismi invece di dare
spazio al sentimento?

Vladimiro Bottone, autore di romanzi storici e contemporanei, selezionato al Premio Strega nel
2000, è stato il primo ospite della rubrica Una storia fantastica che, da qualche settimana, conduco
in diretta, ogni giovedì, insieme a Laura Di Gianfrancesco sul mio canale Youtube e sulla mia pagina
Facebook.
Quando gli abbiamo chiesto di dirci quale fosse il suo rapporto con gli editor, ha risposto
affermando che l’editor che ricorda con più affetto e a cui è tuttora infinitamente grato è quello
che gli ha consigliato di “sporcare la scrittura”, per spogliarla da ogni virtuosismo e renderla più
vera. Ha voluto ricordare le parole testuali che l’editor in questione gli ha rivolto e che tanto bene
gli hanno fatto come scrittore, ossia: “Vladimiro, noi tutti sappiamo che sai scrivere, perché ce lo
ricordi a ogni rigo?”

Ecco, la ricerca ossessiva della frase perfetta, unita al desiderio costante di ostentarla, ammazza il
pathos, precludendo al lettore la possibilità di fare un’esperienza immersiva quando legge.

 

SE HAI NECESSITÀ DI VALUTARE IL TUO STILE DI SCRITTURA, CONTATTAMI

 CONTATTAMI

Privacy Policy

LEGGI ANCHE

Pin It on Pinterest

Share This