
Monologo interiore e flusso di coscienza possono essere definite due strategie che, in narrativa, permettono di raccontare la vita interiore dei personaggi. Non solo, si tratta di tecniche che consentono di esprimere i pensieri del personaggio in modo che siano liberi da vincoli di tipo stilistico e logico. Forniscono al lettore un’opportunità unica di entrare nella mente dei protagonisti della storia e comprenderne i sentimenti, le preoccupazioni e i pensieri più intimi. Se ci pensiamo, quando leggiamo un monologo interiore o un flusso di coscienza ci sentiamo, senza dubbio, molto più vicini al personaggio, ne capiamo meglio le sfumature, viviamo da vicino la sua storia. Insomma, ci coinvolge. Si tratta di tecniche che hanno da sempre un posto di primo piano anche nella cinematografia e nel teatro.
Chi non ricorda il famoso monologo di Amleto di Shakespeare:
Essere o non essere, questo è il dilemma. Che cosa devo fare? Sono oppresso dal peso della mia situazione…
Esso rappresenta un’indagine profonda delle emozioni del protagonista, entriamo nei suoi pensieri, ne comprendiamo i conflitti interiori.
O forse abbiamo dimenticato il monologo della Lucia manzoniana? Il famoso Addio ai monti che ci mostra le riflessioni di una donna che sta lasciando il suo paese.
Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
Monologo interiore e il flusso di coscienza: utilizzi
Entrambe le tecniche sono utilizzate per scopi narrativi, ma anche per esprimere idee filosofiche, punti di vista o per mostrare, come detto, le caratteristiche più profonde dei personaggi. Il lettore vive così in maniera più vivida e immediata l’esperienza di cambiamenti emotivi, dal momento che il punto di vista del personaggio è espresso con forte intensità.
I grandi scrittori hanno spesso usato questa tecnica per toccare tematiche profonde: l’amore, la morte, la felicità, la tristezza e l’esistenza stessa. Con questa modalità ci è concesso di esplorare le profondità dell’animo umano in maniera più approfondita rispetto a quanto sia possibile con altri mezzi letterari. Inoltre, anche se non tutti gli scrittori usano questa tecnica, i suoi effetti sulla scrittura moderna sono stati senza dubbio positivi: infatti, ha permesso agli autori contemporanei di esplorare più a fondo le emozioni dell’uomo contemporaneo.
Monologo interiore: le caratteristiche
Il monologo interiore, in particolare, ha origini molto antiche; lo ritroviamo in Omero, Virgilio, Ovidio ma anche in molti altri grandi autori del passato. Poi, per citare alcuni esempi, è stato utilizzato da Virginia Woolf, James Joyce e Marcel Proust.
Per costruire un monologo interiore efficace, è importante seguire alcuni accorgimenti specifici.
- Innanzitutto, bisogna tener presente che il linguaggio utilizzato deve essere colloquiale e spontaneo, basta immaginarsi la situazione in cui parliamo con noi stessi attraverso i nostri pensieri.
- In genere, viene consigliato di utilizzare frasi brevi e ripetizioni per esprimere le emozioni in modo più intenso. Non credo però che esista un’unica regola, dipende dal personaggio e dalla creatività dell’autore.
- Un’altra tecnica utile a creare un monologo interiore consiste nell’avvalersi dell’ellissi, ovvero l’omissione di parole o frasi che possono essere sottintese dal contesto. Questo permette di creare un effetto di realismo e di spontaneità nella rappresentazione sia del monologo interiore che del flusso di coscienza del personaggio.
- Credo che, per dare vita a un monologo interiore efficace, sia fondamentale conoscere bene il personaggio che si sta rappresentando. Bisogna avere una comprensione profonda dei suoi pensieri, delle sue emozioni e delle sue motivazioni per poterne restituire in modo credibile la voce interiore. Il personaggio va studiato e costruito a fondo, solo così sarà possibile rendere al meglio il suo pensiero.
- Per riconoscere un monologo interiore all’interno di un testo letterario, si possono cercare alcuni indizi linguistici come l’uso della prima persona singolare, i verbi al presente o al passato prossimo, l’inserimento di espressioni colloquiali o dialettali.
- Il monologo interiore non va confuso con la voce narrante dell’autore: nel primo caso siamo dentro la testa del personaggio; nel secondo caso siamo fuori da essa.
Monologo interiore in Virginia Woolf
Possiamo dire che nella Woolf il monologo interiore è stato uno dei tratti più distintivi.
In Mrs. Dalloway (La signora Dallowey), per esempio, viene utilizzato per rappresentare la complessa interiorità della protagonista, Clarissa Dalloway, che vive una giornata di riflessioni e ricordi in cui si confronta con la propria vita.
All’inizio del romanzo, mentre Mrs. Dalloway si prepara per la festa che ha organizzato, leggiamo:
Che cosa significa la vita, pensò. Ecco la domanda. Per un momento si sentì risucchiata in un vortice di terrore. La morte era la fine di tutto; non c’era nulla dopo la morte. Sì, ma la vita, cosa era la vita?
La storia di Mrs. Dalloway si basa sulla possibilità di osservare la protagonista, nell’arco di una giornata, attraverso i suoi stati emotivi. In questo caso si parla anche di flusso di coscienza e avviene uno sviluppo interessante. Proprio perché l’arco temporale è diciamo ristretto, l’uso dello stream of consciousness – flusso di coscienza – consente di espandere la storia proprio grazie alle riflessioni interiori della donna e di allargare la visuale al lettore.
Monologo interiore in Svevo e Pirandello
Un esempio di monologo interiore nella letteratura italiana è presente ne La coscienza di Zeno di Italo Svevo. In questo romanzo, il protagonista Zeno Cosini si rivolge direttamente al lettore attraverso riflessioni sulle proprie azioni e relazioni interpersonali. Il monologo interiore è utilizzato per creare un senso di intimità tra il personaggio e il lettore, che si sente coinvolto nella storia.
Ecco un passaggio dei pensieri di Zeno Cosini.
Non dico che mia moglie fosse brutta, ma aveva una bellezza che non mi andava giù. Troppo classica, troppo simmetrica, troppo perfetta. Ora non saprei spiegarmi meglio, ma non avevo fiducia in lei. Era come se temessi che una persona che andava d’accordo con se stessa non potesse andare d’accordo con me. E poi c’era la questione del suo carattere, che era troppo deciso, troppo sicuro. Io, invece, non avevo nessuna certezza. In fondo, non ero altro che un grande dubbio, una serie di dubbi a catena. Ecco perché lei mi appariva come un enigma risolto, un’equazione perfetta che non mi piaceva.
Un altro esempio di monologo interiore è presente ne Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello. Il protagonista, Mattia Pascal, riflette sulla sua vita e sulle sue scelte attraverso un dialogo interiore.
Sì, io ero stato pazzo, d’accordo; ma non ero stato cattivo. Ora invece, pur non essendo pazzo, mi sentivo cattivo. Ero tornato al mio paese, avevo riacquistato il mio nome, la mia posizione; ma che cosa avevo trovato? Mi sentivo estraneo, diverso dagli altri, quasi avessi vissuto un’altra vita. Ero stato costretto a fingere di non conoscere nessuno, di non avere rapporti con nessuno, di non avere legami con nessuno. Ero solo, come se avessi vissuto su un’isola deserta. Ma adesso che ero tornato, mi sentivo diverso, come se il mondo fosse cambiato e io fossi rimasto indietro.
Flusso di coscienza: che cosa intendiamo?
Il flusso di coscienza è una tecnica letteraria che si concentra sulla rappresentazione della mente umana e dei suoi processi interni. In altre parole, il flusso di coscienza mira a creare un’esperienza di lettura simile a quella di essere dentro la mente del personaggio.
- Il flusso di coscienza è spesso utilizzato in combinazione con il monologo interiore, che rappresenta, come abbiamo detto, i pensieri del personaggio in modo diretto e non filtrato. In questo tipo di tecnica narrativa, le idee, le sensazioni e le emozioni fluiscono liberamente senza una struttura precisa o gerarchia logica. Le parole sono scelte in base all’associazione libera e alla suggestione delle emozioni.
- Il flusso di coscienza si caratterizza per l’assenza di punteggiatura e per la presenza di frasi spezzate o incomplete, che riflettono l’andamento discontinuo dei pensieri del personaggio. Questa tecnica viene utilizzata per rappresentare il caos mentale e l’instabilità emotiva del personaggio.
Il flusso di coscienza ha avuto origine nella letteratura modernista del XX secolo ed è stato sviluppato da autori come James Joyce, Virginia Woolf e William Faulkner. Questi scrittori hanno utilizzato il flusso di coscienza per esplorare tematiche come la percezione della realtà, la memoria, la psicologia umana e le sfumature dell’interiorità dei personaggi.
Il flusso di coscienza ha rappresentato una tecnica narrativa innovativa che ha rivoluzionato la letteratura moderna. Non dovremmo dimenticare, a questo proposito, il lavoro e l’opera dello psicologo e filosofo francese Victor Egger, il primo teorico del flusso di coscienza, amico di Bergson e insegnante di Proust. Ma saranno le pubblicazioni di Freud sulla psicoanalisi a dare un forte impulso non solo allo studio e alla ricerca psicologica ma anche alla tecnica narrativa.
Oltre la soglia la coscienza dell’infinito incontaminato. Mi manca ancora una cosa. A chi posso chiederla? Devo chiederla a qualcuno? Devo chiederla a me stesso? Scopriamolo. Siamo alle porte della vita. Addio. Addio. Grazie.

Esempi di flusso di coscienza in letteratura
Uno dei primi esempi di flusso di coscienza in letteratura è stato il romanzo Ulisse di James Joyce, pubblicato nel 1922. In questo capolavoro della letteratura moderna, Joyce rappresenta il pensiero dei suoi personaggi attraverso un flusso continuo di parole e immagini che si sovrappongono e si intersecano.
Oltre la soglia la coscienza dell’infinito incontaminato. Mi manca ancora una cosa. A chi posso chiederla? Devo chiederla a qualcuno? Devo chiederla a me stesso? Scopriamolo. Siamo alle porte della vita. Addio. Addio. Grazie.
Vediamo come la voce narrante passi da un pensiero all’altro senza interruzioni, i pensieri fluiscono senza ordine logico. Non si trova una separazione netta tra passato e presente, le associazioni sono libere e le digressioni costanti.
Anche Marcel Proust ha utilizzato il flusso di coscienza nella sua immensa opera Alla ricerca del tempo perduto, pubblicata tra il 1913 e il 1927. Proust rappresenta la memoria come un flusso continuo di pensieri e riflessioni che si intrecciano tra loro.
Non ci sono forse momenti in cui, dopo essersi svegliati in piena notte, i nostri pensieri, al posto di prendere il volo verso le cose che sono state o potranno essere, ci si avvinghiano alla realtà presente, alla stanza buia, al calore del letto, ai rumori sordi del dormitorio che dorme ancora? Sì, noi continuiamo a pensare a ciò che ci preme, ma allo stesso tempo sperimentiamo una sorta di felicità, come quella che proveremmo se, nell’oscurità, ci venisse messo in mano un mazzo di carte da gioco con cui poter passare il tempo fino all’alba.
La narrazione si sviluppa in modo fluido attraverso le percezioni e le riflessioni del personaggio, senza interruzioni o divisioni nette tra i suoi pensieri. L’attenzione si concentra sulla descrizione di una sensazione particolare, cioè quella di rimanere svegli durante la notte e concentrarsi sulle sensazioni del momento presente. Il flusso di coscienza ci permette di percepire l’esperienza interiore del personaggio in modo realistico, facendo emergere la complessità dei suoi pensieri e delle sue emozioni. Possiamo ricordare anche William Faulkner che ha utilizzato il flusso di coscienza nei suoi romanzi, come ad esempio in Mentre morivo, pubblicato nel 1930. In questo libro, Faulkner rappresenta la morte attraverso un intricato intreccio di pensieri e ricordi dei personaggi principali.
Monologo interiore e flusso di coscienza: differenze
Come abbiamo visto la differenza tra le due tecniche è molto sottile, ma possiamo evidenziare qualche elemento distintivo.
- La principale distinzione tra il monologo interiore e il flusso di coscienza consiste nella struttura e nell’organizzazione dei pensieri del personaggio. Nel monologo interiore, i pensieri del personaggio sono organizzati e strutturati in maniera logica, mentre nel flusso di coscienza la rappresentazione dei pensieri risulta molto più caotica e frammentata.
- Il monologo interiore ha una struttura più chiara e coerente.
- Il flusso di coscienza è caratterizzato dalla frammentazione, dall’ambiguità e dalla discontinuità.
- Il flusso di coscienza è una tecnica narrativa che cerca di rappresentare il modo in cui la mente umana funziona realmente. In questo caso, i pensieri del personaggio vengono rappresentati senza nessun tipo di filtro o organizzazione logica. Può comprendere anche i ricordi, le emozioni, le associazioni libere e persino le allucinazioni del personaggio.
Entrambe le tecniche narrative hanno lo scopo di fornire una finestra sulla mente dei personaggi della storia. In questo modo il lettore è nella storia stessa, nel luogo più vero e autentico: la mente e l’animo dei personaggi.
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