
Cliffhanger: significato e ambito di applicazione
Cliffhanger: qual è il significato di questo termine? Possiamo definirlo una vera e propria “tecnica narrativa” molto usata in letteratura, nel cinema, nelle serie televisive.
Ma da cosa è caratterizzata? Dal fatto che la narrazione si interrompa all’improvviso mentre si assiste a un colpo di scena o al momento di massimo pathos della storia.
Lo scopo è quello di aumentare il coinvolgimento del lettore e dello spettatore, creare così un “gancio” che condurrà all’inizio del nuovo capitolo o episodio. Infatti, se ci fate caso, l’episodio che segue inizia sempre dal punto di massima tensione in cui ci si era lasciati.
Il termine Cliffhanger, derivazione e utilizzi
Dove si collocano le origini di questo termine?
Pare fosse già in uso in epoca medioevale, esistono infatti antichi poemi e ballate, per lo più in Cina, che utilizzavano la tecnica di sospendere la narrazione sul più bello, per poi continuare in seguito e assicurarsi l’attenzione del pubblico.
Le mille e una notte e primi usi del cliffhanger
Un celebre testo che fa uso del cliffhanger, citato da più parti come esempio, è la raccolta de Le mille e una notte, dove ogni storia raccontata dalla bella Sherazade al re Shahryār si conclude con una sospensione; certo, la giovane più che altro voleva salvarsi dal terribile Sultano che, incuriosito dal prosieguo della vicenda, rimandava l’esecuzione. Come sappiamo, l’origine di questo testo è molto controversa e si attribuisce a una serie di autori appartenenti a diverse culture. È noto che queste storie, o parte di esse, furono tramandate oralmente dall’India alla Mesopotamia, dalla Persia all’Egitto, intorno al X secolo. La storia di questo testo è davvero affascinante e meriterebbe un’analisi dedicata.
L’origine del termine si trova in un racconto
Se vogliamo trovare le origini del termine “cliffhanger” e comprenderne bene il significato dobbiamo andare a ritroso, fino alla metà dell’Ottocento. A pair of blue eyes è un racconto di Thomas Hardy in cui il protagonista si ritrova, per una serie di vicende, appeso a una scogliera. Cliff significa scogliera e hanger è l’atto di restare appeso: unite le due parole, ecco un nuovo termine entrato poi nell’uso comune.
Furono poi molti gli autori a utilizzare questo espediente narrativo; non solo in letteratura ma anche, e in maniera massiccia, nel cinema. Basti pensare a film come Guerre Stellari dove ogni episodio della saga si chiude con momenti di grande apprensione, lasciando intravedere che la storia continuerà. Ma anche il mitico Signore degli Anelli ha fatto buon uso del cliffhanger. Possiamo dire che oggi, nelle serie televisive, è una costante.
In quali situazione si crea il cliffhanger?
In base a quello che è emerso finora è abbastanza evidente quando venga utilizzato il cliffhanger. In ogni caso ci sono situazioni davvero tipiche che lo connotano.
- Il protagonista o i protagonisti sono in una situazione di pericolo.
- C’è una svolta inaspettata nella storia con la rivelazione di un particolare di forte impatto.
- Si scopre una mossa di un personaggio che cambierà la storia
L’elemento sorpresa, l’inaspettato sono sempre presenti.
La prima comparsa del cliffhanger è individuabile nei racconti de Le Mille e una notte, dove ogni storia raccontata dalla bella Sherazade al re Shahryār si conclude con una sospensione; certo, la giovane più che altro voleva salvarsi dal terribile Sultano che, incuriosito dal prosieguo della vicenda, rimandava l’esecuzione.
Tipologie di finale delle storie
Parlando di cliffhanger non possiamo non affrontare anche il tema del finale delle storie. Così come dobbiamo ricordare quanto sia importante anche l’inizio di una storia: inizio e fine si devono parlare, essere in qualche modo legati tra loro per la buona riuscita di una narrazione.
L’incipit promette, il finale mantiene.
L’incipit coinvolge, il finale suggella.
Abbiamo parlato di fine capitolo o episodio, vediamo la fine della storia, in particolare, passiamo in rassegna le principali tipologie di finali.
Finale chiuso
Il finale chiuso rappresenta il giusto epilogo della storia. Ogni filo dipanato viene ritrovato, ogni domanda ottiene la sua risposta e una vicenda trova la propria collocazione. In genere, i cattivi si redimono o vengono puniti con una triste sorte; i buoni coronano il proprio sogno. Non significa necessariamente lieto fine, sia chiaro, ma il lettore è appagato. Niente resta in sospeso. Ho letto di recente il romanzo di Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, in cui la protagonista è una faina, ma anche una volpe a dire il vero. La vicenda ha un finale chiuso, ognuno va incontro al proprio destino e, giunti all’ultima pagina, non c’è nulla da aggiungere.
Finale aperto
Capiamo subito che il finale aperto si contrappone al finale chiuso. Non lascerà aspetti in sospeso che non sarebbero graditi dal lettore, ma il finale non sarà del tutto definito. Al lettore saranno comunque dati gli elementi per poter immaginare come andranno le cose e la storia potrebbe avere più di un finale.
Un libro che di certo presenta un finale molto discutibile, nel senso di non essere stato del tutto definito, o comunque definibile, è Il senso di una fine di Julian Barnes. Certo, già il titolo è emblematico. Secondo molta critica, il finale non è all’altezza dell’incipit, secondo altri si tratta di un finale che va conquistato e si può farlo solo a livello soggettivo.
Finale circolare
Riporta il lettore al punto iniziale. Viene considerato abbastanza banale se trattato con superficialità (tipo: “era stato tutto un sogno”) ma ha senso in certi generi come l’horror o il thriller.
La storia si conclude dov’era cominciata, spesso si utilizza il flashback o la ciclicità degli eventi.
Lieto fine
Il vero lieto fine è quello del “e tutti vissero felici e contenti”. Non è tipico solo del romance, ci sono anche altri generi che terminano con questa modalità, magari non a tutto tondo come avviene nel rosa, ma comunque finiscono bene. È una delle tipologie più celebri e anche quella più rassicurante per il lettore. Al termine di una storia, più o meno drammatica o intricata, i protagonisti ottengono il coronamento dei propri desideri o portano a termine un’impresa che pareva disperata.
Finale a sorpresa
Il finale è a sorpresa quando spiazza il lettore e non era prevedibile (o non del tutto) dalla narrazione. Questo non significa però che il finale non abbia nessun legame con la storia. Anzi, deve essere stato costruito e seminato a dovere, ma reso del tutto impossibile da immaginare. Molti film di Alfred Hitchcock, per esempio, terminano con un finale spiazzante (si veda La donna che visse due volte o Psyco, per citarne alcuni). Vi rimando alla classifica dei 10 finali dei libri più sorprendenti.
Finale misto
Il finale misto comprende diverse tipologie di finale, per esempio, finale chiuso e lieto fine. Nessuno ci vieta di effettuare questa scelta ma, come detto, va fatta a ragion veduta.
Quando nasce il finale di una storia?
Quando nasce il finale di una storia? Non sempre nasce alla fine. Tante volte, si elabora ancora prima di scrivere la storia.
Ci sono stati casi in cui gli scrittori ci hanno messo molto più tempo a trovare una giusta conclusione che a scrivere l’intero libro, tanto per dimostrare quanto possa essere importante. Così come numerosi finali sono stati davvero deludenti. Sembrerà strano ma una delle chiusure che non ha mai appagato i lettori è quella di Romeo e Giulietta: un finale così tragico, proprio non va giù.
L’aspetto importante è che il finale soddisfi il lettore e sia davvero in linea con la storia, anzi, la superi.
HAI DEI DUBBI SU COME HAI COSTRUITO LA TUA STORIA? CONTATTAMI E ANALIZZEREMO INSIEME STRUTTURA E SVILUPPO
CONTATTAMI
LEGGI ANCHE

La scrittura persuasiva: esempi e tecniche
La scrittura persuasiva viene vista spesso con diffidenza, ma tutto dipende dall’utilizzo. L’importante è che rimanga nei confini dell’etica e della veridicità

Scrivere un saggio come Lo spazio delle donne
Scrivere un saggio richiede studio, impegno, lavoro di struttura e ricerca. Daniela Brogi ci racconta come ha ideato e scritto Lo spazio delle donne, pubblicato da Einaudi

Narrazione in seconda persona: quando usarla
La narrazione in seconda persona può rappresentare, in molte tipologie di testi, la scelta migliore perché consente di raccontare dal giusto punto di vista

Monologo interiore e flusso di coscienza
Monologo interiore e flusso di coscienza sono due tecniche utilizzate in narrativa per esprimere l’interiorità dei personaggi e coinvolgere il lettore

Scrivere testi per altri: professione ghostwriter
Scrivere testi per altri è un’attività sempre più richiesta, al BookPride di Milano abbiamo parlato di ghostwriter, di quanto la professione sia in crescita, dei pro e contro che la caratterizzano

Lezioni di scrittura: le parole di Vladimiro Bottone
Lezioni di scrittura: ecco che cosa sono le parole di Vladimiro Bottone in questa intervista in cui racconta di sé, del suo mondo, di un metodo che caratterizza il suo approccio alla pagina