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Scrittura a mano: riscoprire il valore di una pratica umana

In questi ultimi tempi molte persone frequentano corsi di calligrafia e si appassionano; si richiedono biglietti d’auguri e partecipazioni con carte e inchiostri particolari.  Lo scrivere a mano può diventare vera e propria forma d’arte ed è un gesto connaturato all’essere umano, o meglio, ci appartiene ormai da tanto, tanto tempo.

Per un certo verso, la scrittura manuale è artista e interprete espressiva: come sosteneva il linguista Halliday, non è originata dall’idea di trascrivere un linguaggio, ma prende vita quando le immagini vengono rappresentare come lingua.

Una conferma di quanto scrivere a mano sia importante è data dalla promozione di un Manifesto, al quale hanno aderito sia lo SMED, “Scrivere a Mano nell’Era Digitale”, che l’ACI, Associazione Calligrafica Italiana, e alcuni esponenti internazionali di rilievo. Il documento riporta caratteristiche essenziali della scrittura manuale: è semplice, immediata, utile e sostenibile, educativa, creativa, personale e socializzante, identitaria.

Eppure, in vari ambiti della vita, i sistemi di comunicazione moderni hanno sminuito il gesto dello scrivere a mano. Ci sono persone che non sanno più scrivere se non attraverso una tastiera.

 

Scrittura a mano o tecnologia?

La tecnologia sfida la scrittura a mano, ma esiste un distinguo e ruolo preciso tra le due forme di comunicazione.

Le macchine nascono per agevolare l’uomo, sollevarlo da attività logoranti e rischiose, amplificarne facoltà e potenzialità. Sono, queste, ottime ragioni che ci trovano, credo, tutti d’accordo sull’utilità della tecnologia. Quando una macchina salva una vita evitando di metterne a repentaglio un’altra, quella macchina non è solo utile, è necessaria. Se l’uso di una tecnologia consente di arrivare in luoghi della Terra o dello spazio in cui un uomo stenterebbe a sopravvivere, quella tecnologia è benedetta.  Non sempre però sono queste le motivazioni che stanno alla base del nostro ricorso alla macchina. Comodità e risparmio di tempo giocano un ruolo importante, il che è anche lecito e comprensibile. Fare le cose in meno tempo e con minore fatica è un’aspirazione che tutti condividiamo.

Bisogna però essere consapevoli del fatto che molte volte, risparmiandoci certi sforzi e comprimendo i tempi delle azioni, perdiamo qualcosa per strada. Scrivere utilizzando una tastiera piuttosto che a mano può agevolare la vita, ma sottrae competenze alle persone e limita lo sviluppo di alcune loro abilità e capacità cognitive, a discapito dell’apprendimento.

Anche se la tecnologia più moderna fa uso di software mirati a ridurre tempi e costi, soppiantando addirittura il gesto dello scrivere a mano con programmi dotati di riconoscimento vocale, nulla come la scrittura riesce a organizzare informazioni, appunti, idee e pensieri, e non solo sulla pagina ma perfino nella mente.

In un’epoca nella quale si ricorre spesso all’insegnamento a distanza, non si deve tralasciare la scrittura a mano, in virtù dei vantaggi che può offrire. Molte scuole inglesi, a tal proposito, hanno introdotto di nuovo l’uso delle stilografiche, mentre Harward ha iniziato a riflettere sull’avvio di un programma che spinga al ritorno dello scrivere manuale.

Esiste, poi, una sostanziale differenza d’utilizzo tra tecnologia e gesto grafico. Nel bambino, ad esempio, l’uso della tastiera può essere accostato quando il suo processo cerebrale gli permette una coordinazione manuale adeguata, mentre la scrittura a mano, grazie alle abilità fino-motorie che sviluppa, può essere adottata già durante la prima infanzia. Questo è uno dei punti su cui batte il Manifesto voluto da SMED e ACI: seppure entrambe le modalità, dispositivi moderni e scrittura a mano, siano rilevanti, alla scrittura viene riconosciuto un ruolo di primordine nella crescita dell’individuo. Non a caso, è un ottimo metodo terapeutico per chi ha bisogno di recuperare alcune funzionalità perse.

Se non si abituano i bambini a scrivere a mano e in corsivo, si inibisce loro la corretta formazione di alcuni importanti circuiti neuronali, li si spoglia di una capacità antropologica specifica.

i benefici della scrittura a mano

I benefici della scrittura a mano evidenziati dalle neuroscienze

Le neuroscienze evidenziano i benefici della scrittura a mano per i bambini (e i danni di quella su tastiera).

A dirlo sono alcuni studi dell’Università dell’Indiana sui vantaggi della scrittura a mano corsiva: i bambini che non scrivono più a mano perdono l’occasione di stimolare alcune importanti funzioni corticali del cervello.

Digitare le lettere sulla tastiera non permette che si instauri la connessione tra parola pensata e parola scritta, ci vuole proprio il gesto della mano, il segno sul foglio perché questo avvenga. Per arrivare a leggere bisogna attivare l’area del cervello preposta alla scrittura. Gli studi effettuati sulle immagini dell’encefalo riferiscono una verità importante: se le lettere vengono già scritte durante i primi anni dell’infanzia, il piccolo acquisirà una competenza specifica nel saperle riconoscere. Ecco perché, l’insegnamento della scrittura migliora la lettura.

I bambini che non scrivono a mano tendono a leggere peggio di quelli che invece lo hanno fatto e anche l’immaginario e il pensiero astratto vengono privati di un esercizio fondamentale per il loro sviluppo.

Secondo la scienza norvegese, la scrittura possiede un proprio suono generato dallo scorrere della penna sulla pagina, che esorta le funzioni della zona sensomotoria del cervello. Lo stesso è confermato dai risultati raccolti dalla Johns Hopkins University: il movimento della mano restituisce un’esperienza percettiva e motoria a tutto campo.

A conferma della teoria, gli studi della psicologa Karin James che, attraverso uno scanning cerebrale, ha constatato come la scrittura a mano spinga il bambino ad apprendere senza “l’aiuto da casa”, ma solo attingendo dai propri errori. Appunto perché l’atto dello scrivere a mano raggruppa un’infinità di azioni, cerebrali, tattili, di gestione dello spazio e di coordinamento occhio-mano, si attivano aree della personalità fondamentali. La scrittura corsiva, poi, richiede una sollecitazione maggiore, perché segue una forma più curata delle parole affinché possano legarsi tra loro. A livello cerebrale, dunque, consente un rapporto tra l’azione manuale e il linguaggio.

Insomma, come afferma il teologo ‘Abd Allāh ibn ʿAbbās, cugino del profeta Maometto, la scrittura è davvero lingua della mano.

Ma non è tutto. Lo scrivere manuale è costitutivo di un processo più ampio che coinvolge sia l’uomo come individuo e sia la società, attraverso un sistema di segni dove mente e corpo interagiscono. In tal senso, la mano crea uno scritto che servirà da mediatore tra l’individualità, il sentire della persona, e la sfera esterna del mondo culturale. Questo uno dei motivi principali che differenziano la scrittura a mano da quella digitale. Mentre la prima ha identità, la seconda si spersonalizza e diviene uguale per ogni individuo.

 

Mano che scrive: registra e restituisce sensazioni

Scrivere a mano è un po’ come rendere concreta un’idea, portarla fuori da noi e darle forma su di un foglio. È la nostra mano ad agire seguendo l’impulso del cervello, ma entrano in gioco anche sensazioni e stati d’animo. Non scriviamo sempre nello stesso modo, a volte il tratto è più incerto, altre più marcato, nervoso o sinuoso. Molto dipende dallo strumento e dai materiali che usiamo per scrivere, ma il nostro umore gioca un ruolo rilevante. In base a come appoggiamo la penna sulla pagina, al segno che emerge e alla forma delle lettere, possiamo intuire la nostra condizione e il nostro sentire più profondo.

La scrittura manuale diviene catartica, terapeutica e dunque vitale. Ci riporta al centro, ci rende “veri”. I bambini che non scrivono a mano perdono anche l’occasione di familiarizzare con le proprie emozioni, imparare a riconoscerle, dar loro un nome.

Il contatto fisico con la pagina crea relazione, legame difficile se non impossibile da instaurare con la tastiera. La scrittura a mano è segno e accoglienza, ed è proprio il binomio carta-penna, dove il foglio è inteso come spazio che accoglie la parola, a condurre a un rapporto più profondo con la parte che ci abita. Un libro molto significativo, La bellezza del segno. Elogio della scrittura a mano, di Francesca Biasetton, esprime un sentire importante: lo spazio bianco non è vuoto, ma attesa delle emozioni che arrivano dal cuore.

Il gesto dello scrivere è molto intimo, coinvolge i sensi, il corpo, accarezza e rende unica la pagina. Questa considerazione ci fa comprendere la bellezza e la potenza della scrittura a mano rispetto a quella prodotta con la tastiera, che resta arida, labile nel tempo e nello spazio.

Lo stile corsivo, poi, è un flusso continuo, privo di interruzioni, dove le lettere si uniscono tra loro così come avviene per la mano e il cervello. Tramite i dispositivi tecnologici è consentito indietreggiare o cancellare il tratto, mentre nella scrittura corsiva, ogni parola è carica di peso. Chi scrive pone massima attenzione, perché è conscio del poco margine previsto per gli sbagli.

Scrivere a mano innesca un meccanismo di consapevolezza all’interno del quale il pensiero viaggia come la luce per poi venire inscritto nella pagina, che assume un significato alto, unico. La scrittura diviene, perciò, uno strumento guida verso noi stessi e gli altri: attraverso il gesto della mano, il cervello dipinge sulla tavolozza bianca la nostra personalità, quello che ci rappresenta, le emozioni, le paure, i sogni, le verità.   

Attribuire alla scrittura manuale l’importanza che merita, è un tema caro pure all’Associazione Grafologica Italiana che, in collaborazione con l’Istituto Grafologico Internazionale “G. Moretti” di Urbino,  attraverso eventi come il Festival nazionale della scrittura a mano, sensibilizza le persone al suo valore e sprona l’UNESCO a dichiararla patrimonio dell’umanità. 

 

Il rapporto mente-mano agevola attenzione, concentrazione, sintesi e memoria

Se per i bambini in età scolare scrivere a mano è una pratica fondamentale per il loro sviluppo cognitivo, anche per giovani e adulti rappresenta una risorsa straordinaria che fornisce parecchi vantaggi.

Prendere appunti a mano costringe a stare attenti e concentrati, a elaborare una sintesi di ciò che si ascolta per segnare solo i concetti chiave del discorso e a pensare a quello che si sta scrivendo. S’impara molto quando si scrivono a mano gli appunti.

La registrazione audio o la pedissequa digitazione di una relazione non mettono in gioco tutte queste competenze, consentendo un ascolto meno vigile e più passivo.

La scrittura manuale, effettuata con una grafia più ricercata, riesce ad attivare in chi la esercita quelle medesime aree del cervello stimolate in fase di memorizzazione. Uno  studio eseguito dalla professoressa Van der Meer ha evidenziato come il cervello si attivi con più forza durante lo scrivere che, da sempre, dona maggiore possibilità alla mente di partorire ricordi. Il nascere lento delle parole, una dopo l’altra, suscita un’esperienza sensoriale di valore, utile per l’apprendimento, essenziale alla memoria. Non a caso, la scrittura a mano è una “sirena d’allarme” perché avvisa sulle condizioni neurologiche di salute della persona.

Michela Vandelli, esperta nei processi d’apprendimento e game trainer, iscritta all’albo dei professionisti Erikson, nel suo libro La scrittura a mano: uno strumento d’inclusione, parla delle variazioni nelle capacità motorie a causa dei mutamenti sociali, tecnologia compresa. I bambini, spesse volte in età precoce, sperimentano in misura minore l’utilizzo delle mani, preferendo i dispositivi tecnologici. Le abilità motorie, di conseguenza, diminuiscono, dando origine a una crescente difficoltà nella scrittura, soprattutto corsiva. Difficoltà che si estende anche a livello psicologico e allo sviluppo cognitivo. Da qui, l’urgenza di recuperare il gesto grafico manuale, perché attraverso la pratica, il bambino possa migliorare nella conoscenza, andando ad aumentare anche la propria autostima. Il libro vuole proprio trasmettere un messaggio: perfino in caso di difficoltà, è possibile e necessaria una corretta scrittura, senza escludere la modalità corsiva. Ricordiamolo sempre: la scrittura a mano è il primo mezzo di apprendimento.

Per comprendere perché la scrittura a mano il gesto grafico migliori la conoscenza e addirittura la capacità di calcolo, suggerisco un altro libro: Il corsivo, encefalogramma dell’anima della grafologa Irene Bertoglio e dello psicologo Giuseppe Rescaldina.

Esistono alcuni strumenti efficaci per avviare il bambino alla scrittura a mano, permettendogli al contempo di migliorare l’estetica del segno: il metodo Primavera e il metodo Venturelli.

Il primo, realizzato dalla dottoressa Susanna Primavera, esperta in grafologia, educazione e rieducazione della scrittura, ma anche nel recupero della disgrafia, parte dal presupposto che dopo il quarto anno di età, il bambino è in grado di eseguire delle forme e dei segni semplici che vengono associati a elementi già noti e poi memorizzati. Il secondo, ideato dalla professoressa Alessandra Venturelli, pedagogista e grafoanalista, si pone l’obiettivo di facilitare il piccolo nello scrivere manuale seguendo alcune tecniche: dalla presa della matita alla postura corretta alle regole della scrittura.

 

 

 

Scrittura a mano libera: il gusto del bello e il valore estetico

Un tempo la calligrafia era materia scolastica, l’obiettivo non era soltanto quello di scrivere a mano, ma anche di scrivere bene, in modo elegante, secondo i dettami dei diversi stili e mirando ai canoni estetici della bellezza. La pagina ben scritta aveva un valore in sé; la bellezza era un valore in sé, una forma di cura e di rispetto sia per il gesto che si stava compiendo sia per chi quel gesto avrebbe ricevuto.

Oggi ordine e bellezza sono standardizzati, affidati agli stili preimpostati delle videoscritture, giustificati entro i margini precisi delle pagine di tablet e personal computer. E anche l’occhio di chi legge predilige l’ineccepibile perfezione della pagina stampata alle fallaci diseguaglianze delle lettere tracciate a mano.

Il rischio è di perdere il gusto per il fattore umano, di non cogliere più il valore aggiunto dei lavori non eseguiti in serie e di non sentire più l’esigenza di ricorrere a carta e penna per trasmettere ad altri i nostri pensieri. Un vero peccato, perché quando si scrive a mano quello che lasciamo sulla pagina non sono solo segni d‘inchiostro, ma parte di noi.

Sempre il libro della Biasetton, calligrafa e illustratrice, ci svela che il gesto dello scrivere manuale, con la sua lentezza, oltre a restituirci uno spazio di tempo tutto per noi, dove ritrovarci, educa il pensiero, l’immaginazione, perfino la progettazione. Ci obbliga a uscire dal nostro anonimato, ci incoraggia a essere originali. Poiché la calligrafia necessita di regole definite, mentre tracciamo ogni singola lettera, impariamo a rallentare e a osservare. Un dono. Si potrebbe persino azzardare che la scrittura a mano ci immerge in una “terza dimensione”, nella quale il nostro pensiero si trasforma in un gesto concreto di bellezza. Allo stesso modo di quando diamo forma a un’opera d’arte, mentre tracciamo i segni sulla carta, creiamo una relazione con la superficie, imprimiamo una grafia che rappresenta meraviglia, la nostra identità più profonda.

Il gusto del bello che suscita lo scrivere manuale rientra negli studi a cui si dedica il Centro Internazionale delle Arti Calligrafiche: diffondere l’importanza della scrittura proprio come strumento della creatività ed espressione individuale.

La grafia della persona amata ha la stessa forza evocativa della sua voce: è unica, emozionante, inconfondibile. La riconosciamo subito, prima ancora di decifrarne le parole.

calligrafia

Calligrafia? Significa imprimere la propria identità sulla pagina

 Esistono grafie di tutti i tipi, più o meno belle, comprensibili e non, ma la pagina scritta a mano possiede un fascino tutto suo, che la carta stampata non ha. E per di più genera emozione non solo in chi scrive, bensì anche in chi leggerà, specie se fra i due intercorre un rapporto di amicizia o addirittura d’amore.

La grafia della persona amata ha la stessa forza evocativa della sua voce: è unica, emozionante, inconfondibile. La riconosciamo subito, prima ancora di decifrarne le parole. Se capita tra le carte di ritrovare un foglietto scritto a mano da qualcuno a noi caro, fosse anche l’elenco degli ingredienti per la ricetta di una torta, associamo immediatamente quel testo a chi l’ha scritto con tutto il coinvolgimento emotivo del caso. È il tratto identitario che attiva il ricordo, il segno inequivocabile di quella e non di un’altra persona; è la prova che ci dà la soddisfazione e la certezza di essere umani.

E l’essere umano, lo sappiamo, ha bisogno di socializzare, di sentirsi parte di un insieme.

Il gesto manuale, come riporta il sesto articolo del Manifesto della scrittura a mano, è riconosciuto come attività socializzante, perché oltre a essere segno identitario di un popolo, unisce culture diverse, narra le loro storie.

La scrittura a mano è spontanea, libera da tutte le influenze e da ogni forma di controllo. È poesia. Non per altro, l’associazione dei grafologi italiani ha scelto una frase del poeta William Wordsworth: riempi la carta con i respiri del cuore.

 

 

 

Scrivere a mano le emozioni

La scrittura emozionale va praticata a mano perché permette di entrare in connessione con la propria profondità e dona consapevolezza.

 

 

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