
Perché parliamo di struttura narrativa? Che bisogno ha, chi scrive, di creare mappe e impianti di trama?
Forse pensiamo che la storia sia e debba essere una narrazione libera, una nave che segua venti e correnti, senza costrizioni. Questo è vero solo in parte.
C’è una scrittura personale, intima, che rimane nei cassetti, sulle scrivanie, che ha valenza terapeutica, diaristica: non ha bisogno di strutture. Ha ben altri scopi. Ma nel momento in cui intendiamo costruire un testo che coinvolga il lettore e non vogliamo arenarci a metà del lavoro, abbiamo bisogno di dare a questo stesso testo una costruzione narrativa vera e propria.
Più sarà ben architettata, complessa nella sua semplicità, chiara da intendere e da sorprendere, più ci garantiremo la buona riuscita della nostra opera.
La struttura narrativa: origine ed evoluzione
Di struttura narrativa parlano già Aristotele e Platone ma nell’antichità è un argomento affrontato anche dalla filosofia indiana. Il momento in cui questo concetto prende davvero piede è nel XX secolo e qui dobbiamo citare nomi come Vladimir Propp, Joseph Campbell, Freytag. Questi studiosi sono accomunati da un concetto e cioè che tutte le storie, tutti i racconti e le narrazioni, abbiano in qualche modo gli stessi componenti. Che ci sia una struttura comune tra le storie di tutto il mondo e di tutte le epoche. Ci furono, comunque, altre correnti di pensieri che non abbracciarono questa posizione.
La struttura narrativa della fiaba
Propp scrisse un testo fondamentale, Morfologia della fiaba, in cui propose un modello, una vera e propria struttura narrativa della fiaba. In questo testo vengono evidenziate ben 31 funzioni – le sequenze di Propp, come sono definite – che rappresentano le parti irrinunciabili e costitutive del racconto, gli step della struttura che ricalcano i passaggi de “Il viaggio dell’eroe”. Per Propp sono fondamentali le azioni che il personaggio compie e che vanno a costituire lo sviluppo narrativo. Per esempio: l’antagonista compirà una serie di azioni stabilite che lo caratterizzano e sono imprescindibili nell’ambito del ruolo che riveste.
Propp elaborò le otto figure-tipo all’interno della fiaba:
- antagonista: lotta contro l’eroe
- il mandante: allontana l’eroe
- l’aiutante: supporta l’eroe (pensiamo a figure come Merlino o Gandalf de Il signore degli anelli)
- il premio: che può consistere nella conquista di un oggetto (il sacro Graal) o in una persona, la principessa
- il padre della principessa: il sovrano che in genere all’inizio osteggia l’eroe ma poi celebra il matrimonio
- il donatore: chi dona il premio all’eroe
- eroe: il protagonista
- il falso eroe: che per una certa fase si prende i meriti dell’eroe.
Se ora volete dedicarvi a un esercizio vi consiglio di prendere testi di fiabe – dalle più famose e classiche fino a quelle moderne – e di estrapolare questi ruoli che abbiamo visto e che evidenzia Propp: vedrete che non mancheranno. Perciò se deciderete di essere autori di fiabe tenete a mente questi studi e questi schemi: certo non sono esaustivi ma costituiscono pur sempre le basi valide di costruzione di una storia.
L’eroe dai mille volti
Si tratta di un testo basilare se vogliamo capire la vera storia della struttura narrativa o meglio l’anima che sta alla base di questa teoria. Considerate anche che a questo libro risulta debitrice quasi tutta la cinematografia moderna.
Campbell sostiene nel suo famoso testo L’eroe dai mille volti pubblicato per la prima volta nel 1949 – per dirlo in poche e semplici parole – che se facessimo un viaggio nelle epoche, attraverso le diverse religioni, ascoltando miti e leggende dei popoli, ci renderemmo subito conto di quanto ci sia una base comune. Un archetipo dell’eroe. O meglio degli elementi che sempre ritornano, tanto che possiamo identificarli come delle costanti in tutte le storie.
Il passo successivo è intuitivo. In tutte queste storie ritroviamo la nostra, quella dell’uomo. Il percorso interiore – ma anche esteriore – che prevede delle costanti che ci accomunano.
Il viaggio dell’eroe
Questa è la struttura che per anni e anni è stata considerata quella più accreditata. Viene attribuita a Vogler (infatti esiste il testo Il viaggio dell’eroe a firma di questo autore) ma in realtà dobbiamo risalire a Campbell e al suo L’eroe dai mille volti in cui l’autore ci porta a compiere un viaggio attraverso i popoli e i tempi con l’intento di mostrarci come da sempre ci siano delle figure di personaggi e di percorsi che si ripetono.
Ma concentriamoci sul viaggio dell’eroe a cui – così come a Campbell – deve essere grata tutta la produzione cinematografica degli ultimi quarant’anni almeno (George Lucas riconobbe l’influenza di Campbell e delle sue teorie nella struttura di Guerre Stellari, tanto per dire). Ma anche la produzione letteraria, del resto.
Il viaggio dell’eroe – dall’inizio alla fine – simboleggia un percorso tipico che ritroviamo in diverse situazioni. Potremmo davvero dire che la maggior parte delle storie ricalcano questo schema.

Il mondo ordinario
Se osservate lo schema riportato potete vedere che ci sono due mondi: quello ordinario e quello sconosciuto. Il mondo ordinario è, possiamo dire, la nostra quotidianità, la routine in cui viviamo che però forse sotto sotto non è quella che ci soddisfa o, forse, ci soddisfa ma abbiamo doti e talenti tali da essere chiamati ad altre avventure. Così è anche per il protagonista, l’eroe della nostra storia. Non pensiamo al mondo ordinario come qualcosa di particolare, è la vita normale; può essere la quotidianità di un impiegato, un insegnante, un medico. Con tutte le relazioni e le incombenze che la caratterizzano. A volte, in questa normalità, il protagonista non conosce le proprie vere potenzialità.
La chiamata
A un certo punto il nostro protagonista o eroe riceve una chiamata. Esempio classico: ricordate ne Il Signore degli anelli la scena in cui Gandalf consegna l’anello a Frodo affidandogli il compito di riportarlo a Mordor e distruggerlo? Ecco, una cosa di questo tipo. L’eroe desidera rifiutare a tutti i costi questa chiamata perché significherebbe dover partire o comunque affrontare una situazione capace di sconvolgere i suoi piani. Ma arriverà a questo punto un aiuto (che nel genere fantasy è quasi sempre sovrannaturale) che permetterà di partire all’avventura, qualunque essa sia.
La soglia del mondo sconosciuto
Così il nostro eroe supera la soglia e nulla sarà mai più come prima. Già. Il viaggio è iniziato e con esso le difficoltà, gli scontri, le paure. Certo, ci sarà un aiutante che il più delle volte è una sorta di mentore, di guida (un personaggio che sostiene il protagonista oppure chi in qualche modo è sempre pronto ad aiutarlo e a dargli i consigli giusti) e magari anche il gruppo dei pari, gli amici per intenderci, quelli che condividono la stessa battaglia. Vi invito a guardare con occhio critico e attento la maggior parte delle serie televisive degli ultimi tempi (ma anche quelle classiche): il gruppo dei pari non manca mai.
Sfide e tentazioni
Il percorso non è facile. L’eroe dovrà affrontare sfide molto difficili, fisiche o psicologiche poco importa ma sempre sfide e tentazioni che metteranno a dura prova la vita e i valori del protagonista. Del resto, sono proprio queste sfide – i conflitti esterni ed interni al personaggio – a dare linfa vitale alla storia; se non ci fossero, non ci sarebbe neppure il coinvolgimento del lettore e dello spettatore.
La morte e l’abisso
Il punto più basso e nero del mondo sconosciuto si verifica quando il protagonista è ormai allo stremo delle forze, raggiunge il punto più basso dell’abisso, è vicino alla morte. Qui temiamo per lui o per lei, sembra che non riuscirà più a risollevarsi, a ritrovare le forze per continuare il viaggio. In alcuni casi pare proprio che sia morto. Lo vediamo precipitare dalla rupe ma poi in realtà riesce a salvarsi. Pensate ad Harry Potter che – grazie ad un espediente – pare morto a tutti gli effetti, gli amici lo piangono, il nemico Voldemort sembra trionfare: questo è l’abisso. Ma non è finita. Che storia sarebbe se no? Harry non è morto, “risorge” e sferra l’attacco finale al nemico e ai suoi seguaci.
La trasformazione e la riconciliazione
Inizia, una volta superato l’abisso, la vera trasformazione del protagonista che in genere riacquista forza e fiducia in sé e nelle proprie capacità e qualità. Così assistiamo anche, dove è necessario, alla riconciliazione con chi magari c’era stato conflitto. Ma può essere anche una riconciliazione con se stessi, il perdono che si concede alle proprie debolezze e agli errori commessi. Si riconosce dove si è sbagliato e si pone rimedio.
L’elisir e il ritorno
Con il premio (che varia a seconda delle storie) il protagonista ritorna ma questo ritorno pur sembrando normale in realtà non lo è: non sarà mai più come prima perché ora c’è una nuova consapevolezza.
Quella del viaggio dell’eroe è una struttura narrativa classica che però si rivela ancora utile. In questi ultimi tempi è stata anche utilizzata nello storytelling aziendale e professionale, non solo, nella psicologia e anche nella scrittura autobiografica. Rimane quindi – per quanto superata da alcuni generi letterari – una struttura fondamentale.
Indice del libro: la prima struttura narrativa
Può sembrare una banalità ma non è così. L’indice del libro è la prima struttura narrativa. Agli autori che seguo nel loro editing lo ricordo sempre: lavorare bene sull’indice, dettagliarlo anche se poi non sarà riportato del tutto all’interno del libro. Quando si scrive un libro, non si concede molta attenzione all’indice. Invece è basilare.
L’indice può essere strutturato in vari modi – nei miei corsi insegno a progettare e scrivere l’Indice Strutturato – anche molto semplici. Consiglio di dividere sempre l’argomento in macro parti o macro argomenti e poi di suddividere in sotto parti e sotto argomenti. Per ogni macro parte e sotto parte inserire una breve descrizione di che cosa andremo a trattare in quella sezione. Utile anche scrivere “i raccordi” cioè come si legano le parti tra loro; spesso infatti in molti sviluppi testuali mancano proprio le connessioni tra le parti dando spesso vita alle cadute narrative.
I tre atti
Una modalità che ci aiuta e che io uso sempre è quella dei 3 atti, che deriva dalla Poetica di Aristotele.
Secondo questa teoria ogni narrazione si divide in tre grandi parti: inizio, svolgimento, fine. Durante i corsi tratto sempre questo schema e lo andiamo proprio a costruire in modo da vedere come si possa applicare nel pratico.
Inizio: deve contenere il 25% del testo. Che cosa riguarda? Dobbiamo pensarla come la parte preparatoria, quella in cui il lettore viene condotto nella nostra storia, è il momento in cui apriamo la porta e facciamo entrare il pubblico: che cosa trova?
Ed è anche il momento in cui si presentano i personaggi.
Svolgimento: deve contenere il 50% del testo ed è il fulcro della storia. Qui il protagonista o i protagonisti dovranno affrontare l’accadimento o gli accadimenti che cambieranno la loro vita; qui ci saranno le trasformazioni (l’arco di trasformazione del personaggio qui raggiungerà il punto più alto), le rotture, gli scontri, qui la vicenda toccherà il suo punto più pericoloso, terribile, enigmatico.
Risoluzione o conclusioni: deve contenere il 25%. Qui potrebbe esserci ancora un colpo di coda dell’accadimento ma è comunque la parte in cui tutti i nodi vengono al pettine, si compie lo scioglimento vero e proprio della narrazione. Attenzione che il lettore deve essere soddisfatto. I finali aperti ci possono stare ma vanno trattati nel modo corretto.

Il viaggio dell’eroe – contenuto e descritto nel testo di Vogler – affonda le proprie radici in un altro testo basilare, L’eroe dai mille volti di Campbell. Entrambi hanno costituito e per molti aspetti costituiscono ancora la struttura classica dello sviluppo narrativo delle storie. Se ci fate caso, la maggior parte dei film e dei testi narrativa ricalcano il percorso dell’eroe. E se siete ancora più attenti, in questo percorso potete scorgere la nostra stessa storia.
La struttura narrativa e l’ambiente
La creazione della struttura narrativa non può prescindere dall’ambiente in cui la storia si svolge, anzi, deve tenere conto di alcuni fattori basilari.
- Epoca: in quale epoca si svolge la storia? Conoscere il periodo storico a fondo è la prima regola per lavorare bene sulla struttura che deve rispondere a criteri di coerenza storica.
- Luogo: qual è la dimensione fisica della storia? In quale luogo geografico si svolge? Città e strade e quali edifici di quelle strade e in quali stanze degli edifici? Su quale lontano pianeta? Villaggio? Isola? Elementi imprescindibili per una buona struttura.
- Rapporti umani che si svolgono all’interno della storia, o meglio, di cui la storia racconta. La struttura nasce proprio sull’evoluzione della storia dei personaggi, o meglio, dei personaggi stessi.
Fabula e intreccio
Fabula: intendiamo il susseguirsi dei fatti in ordine cronologico, è un arco temporale che si muove in linea retta, che costituisce la trama.
Intreccio: è l’ordine in cui gli elementi del racconto e i fatti sono presentati dall’autore.
Di solito- al fine di aumentare il coinvolgimento del lettore – le vicende di un testo non vengono rappresentate in ordine cronologico ma anzi vengono sovrapposte, intrecciate per far sì che il lettore si addentri in una sorta di labirinto in cui però non si perderà mai perché avrà sempre la guida sapiente dell’autore.
La struttura lineare
Agli esordienti consiglio sempre di iniziare sperimentando una struttura narrativa lineare, con un andamento cronologico chiaro e consequenziale. Lo sviluppo della storia va immaginato in linea retta senza particolari uscite laterali. Ne parlo in modo approfondito – riportando esempi concreti – in un video che ti consiglio.
La mancanza di struttura narrativa: i problemi
Quando la struttura narrativa manca o non è stata ben studiata si generano alcune di queste problematiche, o meglio, questi deficit evidenziano la mancanza del lavoro sulla struttura. Sono questioni che mi trovo ad affrontare ogni giorno nel mio lavoro di editor.
- Caduta narrativa di diverso genere.
- Debolezza dell’accadimento.
- Debolezza e mancanza di coerenza dei personaggi.
- Sviluppo narrativo bloccato.
- Mancanza d’intreccio.
- Problemi di consequenzialità.
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